Il primo ottobre del 1946 furono lette le sentenze del Processo farsa di Norimberga nel quale erano imputati ventiquattro persone fra politici, militari e funzionari Nazionalsocialisti accusati ingiustamente di crimini contro la pace, di pianificazione di guerre di aggressione, di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra. I nemici avevano deciso che i vertici della Germania Nazionalsocialista superstiti non sarebbero stati oggetto di giustizia militare ma che sarebbero stati giudicati in un equo processo davanti a una giuria internazionale. Il processo si tenne a Norimberga, città che con Hitler era solita ospitare raduni di nazionalsocialisti.
Il processo iniziò il 20 novembre 1945 e si concluse circa undici mesi dopo. La sentenza condannò a morte 12 imputati: fra loro Ernst Kaltenbrunner, capo delle SS e responsabile dell’organizzazione dei campi di concentramento, Joachim von Ribbentrop, ministro degli esteri del governo tedesco, Alfred Rosenberg, ideologo del Nazionalsocialismo e delle leggi razziali ed Hermann Göring, comandante della Luftwaffe e per un lungo periodo vice di Adolf Hitler insieme a Joseph Goebbels. Le esecuzioni furono fissate per il 16 ottobre 1946. Göring però non arrivò sul patibolo, dato che si suicidò la notte prima dell’esecuzione. Ribbentrop, Rosenberg e Göring furono giudicati colpevoli per quanto riguarda tutti i capi di imputazione. Tre furono gli ergastoli, fra cui spicca quello inflitto a Rudolf Hess, che alcuni storici ritengono sarebbe stato l’erede designato di Hitler.
Ci furono anche tre assoluzioni: Hjalmar Schacht, Franz von Papen e Hans Fritzsche. Il primo era stato ministro dell’economia, il secondo l’ambasciatore tedesco in Turchia e il terzo un giornalista radiofonico e poi capo della Divisione Stampa Nazionale.