La hitlerizzazione del nemico, uno strumento sleale per giustificare il male

Quando l’ordine del discorso imbocca la via della “reductio ad hitlerum” (come la appellava Leo Strauss) dell’avversario, occorre davvero iniziare seriamente a preoccuparsi. Non è una novità, invero. Quante volte, di grazia, in questi anni è stata evocata la figura di Hitler in riferimento a quelli che di volta in volta l’Occidente a trazione atlantista ha individuato come suoi nemici, vale a dire quasi sempre come ostacoli rispetto alla americanizzazione del mondo pudicamente detta globalizzazione?

Abbiamo rapidamente visto negli anni Hitler prendere corpo in Saddam e in Milosevic, in Gheddafi e in Assad. L’osceno canovaccio era sempre il medesimo e nondimeno i più, artatamente manipolati, continuavano a prestargli fede, senza accorgersi della manipolazione ideologica in atto. Non deve dunque destare maraviglia il fatto che ora compaia un nuovo Hitler nella lista, Vladimir Putin. Era, au fond, la cosa più prevedibile del mondo. Il dispositivo perverso di hitlerizzazione dell’avversario presenta una serie di conseguenze non trascurabili, delle quali voglio qui evidenziarne solo alcune.

In primis, siffatto dispositivo produce una destoricizzazione integrale dei rapporti di forza, ai quali sostituisce la metafisica sovrastorica del male assoluto. La concretezza storica e il diagramma dei rapporti di forza politici e geopolitici, economici e sociali, spariscono d’incanto, sostituiti dalla metafisica del male assoluto che individua di volta in volta l’avvento imprevedibile del nuovo Hitler sempre in agguato nella penombra sovrastorica. E così, per limitarci al caso specifico della situazione ucraina, sparisce di scena la lunga storia che dagli anni Novanta ci porta al nostro tormentato presente, con l’espansione irresponsabile della Nato e con l’egualmente irresponsabile accerchiamento della Russia, ossia le condizioni reali che ci hanno condotti a questa sporca guerra. Essa va condannata, certo: ma va condannata tutta, dall’espansionismo Nato al gesto di Putin.

In luogo di queste condizioni storicamente determinate, resta solo la figura metafisica del nuovo Hitler che ancora una volta torna alla ribalta e che come il diavolo in terra combina disastri per via della sua intrinsecamente malvagia natura. Destoricizzazione completa della situazione, come si diceva. Forze metafisiche del male contro forze metafisiche del bene: manicheismo 2.0.

In secondo luogo, la hitlerizzazione dell’avversario nega in forma apriorica ogni possibile via del negoziato, della diplomazia e della possibile risoluzione pacifica delle contese. Con l’avversario si può trattare pacificamente, cercando accordi diplomatici. Con Hitler bisogna invece necessariamente intraprendere la guerra totale, senza mediazione possibile. In tal guisa, la hitlerizzazione dell’avversario diventa un pericoloso strumento per giustificare la guerra totale, vuoi anche la guerra mondiale che troppo spesso è stata disinvoltamente evocata da più parti in queste settimane. Lo schema del nuovo Hitler rende sempre giustificabili i disastri più osceni, presentati di volta in volta come risposte dolorose ma necessarie al male assoluto.

Semplificando, ubi Hitler, ibi Hiroshima. Se l’avversario non è tale, ma è direttamente il nemico assoluto, il male sulla terra, in una parola il nuovo Hitler, allora ogni reazione è giustificata e, di più, doverosa. Perfino, in casi estremi, la bomba atomica, ciò che dovrebbe destare particolare preoccupazione nel tempo in cui continuamente si evoca la possibile guerra nucleare. Queste considerazioni, si badi, non sono affatto volte a giustificare la presunta bontà di Putin. Essa è inesistente, come inesistente è quella di Biden, di Xi Jinping e di chiunque si trovi sulla plancia di comando della politica (basterebbe aver letto Machiavelli).

Semplicemente, queste considerazioni aspirano a mettere in guardia rispetto a un dispositivo, quello della reductio ad hitlerum, che viene ormai apertamente ammesso e utilizzato a ogni latitudine senza una debita considerazione critica, senza una approfondita riflessione su presupposti e conseguenze. Dunque, nel più totale trionfo del dogmatismo. Un siffatto dispositivo, oltretutto, sta sempre più contribuendo a mettere pubblicamente alla berlina le sacrosante ragioni di chi oggi, in Europa e in Italia, sostiene le ragioni della pace, ben sapendo che abissale è la differenza tra il giusto invio di sostegno al popolo ucraino e il pericoloso invio di armi e militari in Ucraina. “Forse volete sostenere Hitler?”, si domanda indignati a chi osi oggi – ed è il caso del sottoscritto – sostenere le ragioni della pace.

 

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